lunedì 8 ottobre 2012

La Danza dell'Oblìo

"Ma quello.." - disse titubante Gelfed - "..è veleno!"
Rithion si voltò e lo fissò torvo.
"No, è il mio sangue ed è necessario per il compimento dell'incantesimo." - replicò.
Stava chino sugli alambicchi dalle prime luci dell'alba ed ora la luna era alta nel cielo.
Capitava spesso che si attardasse tra antiche pergamene e soluzioni proibite, ma questa volta, aveva uno scopo.
"La reazione con l'infuso di belladonna dovrebbe essere differente, non è sangue!" - continuò il grohm.
Nonostante avesse 300 anni, il folletto aveva il carattere dispettoso e saccente di un adolescente e questo faceva innervosire terribilmente il suo padrone.
Rithion girò su se stesso e sollevando una manica della sua tunica, mostrò a Gelfed due profondi solchi sul polso, un evidente segno di una mutilazione rituale. Nella foga di dare dimostrazione delle sue parole, invece di mettere la prova sotto gli occhi del folletto, gli assestò un violento pugno sul fragile sterno, facendolo cadere dal tavolo, su una pila di libri.
"Non occorre essere violenti.." - disse Gelfed indispettito - "Ogni stregone ha i suoi segreti e se vuole mantenerli anche con il proprio famiglio, può farlo."
Senza curarsi della salute del suo piccolo ed anziano assistente, Rithion tornò ai suoi alambicchi.
"Meno sai di questo sortilegio, meglio è. I grohm non dovrebbero mai avvicinarsi al lato oscuro della magia."
Gelfed si rimise in piedi e fissò il giovane stregone.
"Se non fosse per me ed i miei fratelli, voi miseri umani non potreste giocherellare con gli elementi, ne conoscere gli arcani sotterranei. Lo sai perchè? Perchè è parte di noi e siamo rimasti in pochi, quindi di tanto in tanto, prova a trattare meglio chi ti da il potere. Anche un grazie, di tanto in tanto, non sarebbe brutto!"
"Certo certo, come dici tu" - disse seccato Rithion senza levare lo sguardo dal gigantesco tomo che leggeva -  "Ora, visto che ci sei, invece di gironzolarmi attorno, da una sistemata ai barattoli sullo scaffale, ho da fare"
Gelfed si allontanò dal padrone e si diresse verso lo scaffale, borbottando in dialetto grohm, ma tenendo sempre un orecchio teso ai cupi borbottii dello stregone. Aveva già visto quel nervosismo in lui, anni prima, la notte nella quale in cuore era stato trafitto. Nulla era tornato più come prima. Lo stesso Gelfed, nei suoi 3 secoli, non aveva mai vissuto una notte più terrificante di quella. Trafiggere il cuore, era considerato di per se un atto orribile. Fatto da uno stregone che aveva incontrato da poco il suo grohm era qualcosa di inconcepibile.
Ricordava nei dettagli ogni minuto, ogni lancinante lamento emesso dall'albero, persino l'oscura nenia recitata dal suo padrone, nonostante avesse fatto di tutto per dimenticarla.
Di sicuro, Rithion non avrebbe trafitto un cuore, non ne aveva più bisogno, ma in cuor suo, il folletto temeva che stesse preparando qualcosa di molto peggio.
Il barattolo che teneva in mano si disciolse in sabbia. Nella stanza echeggiava la quarta strofa del "Rompimento dell'Acqua".
Gelfed, si voltò verso Rithion.
"Inharmeth! Non Inhermeth.." - rimase con il rimprovero incastrato in gola, mentre Rithion affondava il suo athame, la sua lama rituale nel petto del folletto. Il filo della spada, era completamente pregno della pozione che stava creando, legata al metallo dal "Rompimento dell'Acqua".
Il corpo di Gelfed scivolò via dalla lama, privo di vita. La "Danza dell'Oblìo", il suo ultimo progetto, l'unica cosa in grado di uccidere un grohm, aveva funzionato ed ora era libero. Libero da quel potere devastante che aveva acquisito durante la notte del cuore, la notte nella quale aveva sacrificato uno degli antichi dei della Terra per ottenerne il potere. Solo il suo famiglio lo legava a quel voto ed ora, Rithion, era di nuovo un essere umano, senza potere, senza conoscenza. I tomi di magia presenti nella stanza si sgretolarono e l'athame si sciolse, tornando ad essere acqua e si disperse negli interstizi del pavimento di pietra. Le pozioni ribollirono fino a far scoppiare gli alambicchi e quello che un tempo era stato un potente e temuto stregone, varcò la porta del suo laboratorio per l'ultima volta e per la prima volta dopo quasi un secolo, guardò la luna con occhi umani e pianse per la sua bellezza.

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