domenica 14 ottobre 2012

Cacciatore e preda


Il treno penetra dolcemente la notte, con il suo contenuto di anime, corpi e storie.
Sono uno dei suoi passeggeri e posso solo immaginare le vita ed i pensieri di coloro che con me condividono questo breve viaggio.

Nel sedile accanto al mio vedo un uomo che ha notato il mio insistente frugare tra i passeggeri. Appena si rende conto che lo osservo volta la sguardo. Occhi chiari, nervosi, nascosti da spessi occhiali tondi.
Spesso sposta di nuovo lo sguardo timoroso ma insistente per vedere se lo guardo ancora. Forse sono io, con il mio aspetto che lo intimorisco, eppure, questo gioco di sguardi, da preda ricca di dettagli da cogliere e cacciatore curioso mi diverte.
Veste in modo classico. Forse un impiegato. Nella mia mente ne assume subito la forma e i miei occhi vagano per cercare i particolari stereotipati che ne diano la conferma.
Posizione composta, colletto della camicia che fuoriesce da un maglione grigio, sobrio fino alla monotonia, orologio dozzinale, braccia strette attorno al tesoro più grande: una valigetta che dalla forma pare contenere un computer portatile.
Sulla testa, la calvizie tipica, indice di stress, come i capelli bianchi mal celati da una tinta sbiadita.

Il sonno mi rapisce per qualche minuto, giusto il tempo di mettere la mia preda a suo agio.
Quando riapro gli occhi, le sue dita viaggiano veloci sulla tastiera del computer tanto protetto prima. Gli occhiali sono cambiati, sostituiti da quelli che sembrano specifici per la lettura. Lo sguardo non è più timoroso, ma rimane nervoso, quasi psicotico. I riflessi delle immagini sul monitor gli danno un'aria minacciosa. Con la coda dell'occhio, nota che ho di nuovo gli occhi aperti e che seguito ad osservarlo. Sulle prime, quasi conscio e spavaldo del suo aspetto più inquietante del precedete, mi sfida apertamente fissandomi negli occhi, ma dura poco. Distoglie lo sguardo e ritorna al lavoro ma non è più sereno. Sbaglia ripetute volte battendo sulla tastiera e rimuove gli errori imprecando sottovoce, quasi mimando solo le parole. Poi, ricordandosi di essere osservato, sostituisce le imprecazioni con spasmi nervosi ai lati della bocca.
Si arrende alla macchina e la spegne per riporla nel suo contenitore. Gli occhiali ritornano quelli di prima. Si prepara ad essere divorato nel suo intimo, ma sono soddisfatto e mi riconpongo al mio posto, cosciente che lui non sarà sereno finchè non poggerà di nuovo piede sulla banchina al nostro arrivo, libero di fuggire dai miei sguardi.

(2005)

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