venerdì 1 giugno 2012

Maschere


Il profumo del sapone per pavimenti e la colonia sul suo collo si mescolano alla perfezione, ora, nel pianerottolo. L'eccitazione mi fa tremare leggermente le mani.
Faccio di tutto per non farlo notare a lei. E' stupenda. I capelli le cadono perfettamente sulle spalle, magnificamente castani. Le sue labbra, Dio, Stefano! Le sue labbra mi fanno impazzire! Carnose, piene di malizia. Si, Stefano, hai scelto bene. Ti divertirai stanotte.
Sento il lieve scatto della serratura e sento la porta che cede ad una leggera spinta, mostrando il buio del mio appartamento.
Cerco tentoni l'interruttore, e lo premo. Sono sudatissimo e sento una leggera scossa, ma faccio finta di nulla. Lei non deve sapere che sono nervoso.
-"Prego. Entra."-
Lei sorride lievemente mentre mi passa accanto. Forse ha capito, ma ormai non importa, non più. Man mano che la luce artificiale la illumina, la mia eccitazione sale. E' davvero bellissima.
In pochi istanti, un pensiero mi balena in testa. Cosa può spingere una ragazza così bella, così sensuale, a fare un lavoro del genere? Soldi? No! Solitudine? Nemmeno! Una ragazza del genere può avere tutta la compagnia che vuole.
Lei mi osserva ed io mi rendo conto che è entrata da qualche secondo ed io la stò fissando assorto nei miei pensieri.
-"Tutto bene bello? Mi sembri teso."- mi dice piegando leggermente la testa da un lato come per vedermi meglio.
-"Si si! Benissimo!"- dico tentando di non fare trasparire i miei nervi per essermi bloccato così stupidamente -"Vuoi darmi il cappotto?"
Lei si volta di spalle ed io la aiuto a sfilare l'ipermeabile. Durante l'operazione noto il suo collo, affusolato, candido e liscissimo. Immagino già le mie labbra umide che vi scorrono sopra, nella mera illusione di eccitarla.
-"Vieni, la camera è da questa parte."- dico cercando di mantenere un tono più basso e adulto possibile.
Lei sorride di nuovo. Quel sorriso beffardo, sensuale, che sembra dire tutto e nulla.
Lei mi precede nella piccola camera illuminata fiocamente da una lampadina velata da un foulard blu.
Si guarda un pò intorno e poi si siede sul letto a due piazze che ho fatto mettere solo due settimane fa, subito dopo il trasloco.
Vedo le sue natiche sprofondare e riaffiorare, mentre ci molleggia sopra.
-"E' morbido. Mi piace!"- dice, come se facesse qualche differenza.
Batte leggermente sulla coperta, facendomi segno di sedermi accanto a lei.
Mentre mi siedo, provo ad intavolare un minimo di discorso: -"Come hai detto che ti chiami?"-
-"Monica."- sussurra lei nel mio orecchio.
Posso sentire le sue labbra sul mio collo, mentre la sua mano sinistra passa sui miei pettorali. Si comincia!
In meno di due minuti sono in boxer e canottiera. Lei è ancora vestita. Stò agendo lentamente. Non voglio fare la figura del pivellino. Mi avventuro sulla sua schiena alla ricerca della cerniera del corsetto quando mi ferma.
-"Aspetta. Ti va di giocare?"- mi sussurra con una voce innocente da bimba, mista a quella malizia che sembra avere di natura.
Io non ho alcuna voglia di giocare, sono troppo eccitato, ma la assecondo per non sembrare stupido. Le faccio cenno di si col capo.
Lei scende dal letto e prende in mano la sua borsa. Ne tira fuori qualcosa di luccicante. Manette.
Risale sul letto, lentamente, facedomi sudare ad ogni sguardo.
Lentamente mi prende le mani, una ad una e me le lega alla spalliera del letto. Mentre lo fa, i suoi seni, gonfi e caldi mi passano a pochi centimetri dal naso. Sono fatto! Eccitatissimo e legato. Ora sono davvero suo!
Lei si ritira lentamente e si siede sulla sponda del letto. Si riinfila gli stivaletti e prende dal pavimento i pantaloni che mi ha sfilato solo poco prima. Dalla tasca posteriore, estrae il mio portafoglio e ne cava tutti i soldi che ci sono dentro. Dopodichè, si gira verso di me e ridendo mi dice: -"L'ho capito subito che eri un pollo! Ciao bello!"-
Dannata puttana! Mi ha imbrogliato!
Mi muovo un pò, ma la troia ha stretto troppo le manette. Bastarda! Sapeva benissimo la mia reazione, non devo essere il primo a cui fa questo giochetto! Il fatto di non essere il solo mi rasserena per pochi istanti, sovrastato immediatamente da una furia cieca.
Sento la pelle dei polsi che tira da matti mentre strattono le manette. Uno strattone più forte e sento un lieve dolore poco sotto la mano destra. La manetta mi ha lacerato, ed esce una piccola goccia di sangue che sento scorrere calda lungo l'avambracio. Mi fermo. Più mi agito, peggio è. Tra poche ore arriveranno i miei conviventi e mi daranno una mano.
So già che sarò deriso per parecchio tempo e probabilmente è quel che merito.
I nervi fanno spazio alla stanchezza. Che male c'è se mi addormento un pò mentre aspetto? Renderà più breve l'attesa.


Stefano fu risvegliato da un rumore nel corridoio.
-"Massimo? Carlo? Siete voi?"-
Nessuna risposta.
-"Monica? Sei tu? Sei ancora in casa?"-
Silenzio.
Forse era solo un sogno. Si sforza di ricordare cosa stava sognando ma non riesce a comporre delle immagini coerenti. Si riappisola.


Questa volta il rumore è reale. E' un fruscio, come passi trascinati. Vede un'ombra nel corridoio illuminato.
-"Massimo? Carlo? Venite vi prego! E' successa una cosa assurda davvero una dannata puttana..."- la frase gli si spezza in gola, non sono Massimo e Carlo.
Sulla porta, due figure vestite con lunghe tuniche nere. Volti pallidi e orbite vuote lo fissano.
-"Ragazzi? E' uno scherzo? dove le avete prese quelle maschere? Su, non fate i coglioni, aiutatemi a liberarmi da queste manette..."- un sussulto lo scuote e lo fa arretrare sul letto dando una scossa ai polsi imprigionati. I due non sono soli. Dietro di loro, altri due, identici stanno passando attraverso la porta. Gli altri due, si sono già portati silenziosi a un lato del letto e continuano a fissarlo.
Nessun rumore, eccezion fatta per quel lento fruscio delle tuniche sul pavimento.
Altri entrano nella stanza, e si dispongono accanto al letto, senza mai smettere di fissarlo.
Carlo si ritira velocemente verso la spalliera e nel panico non sente un altro rivolo di sangue lungo l'avambraccio.
Nella sua mente mille domande, ma due più pressanti delle altre le esprime a voce alta, quasi strillando: -"Chi siete? Cosa volete?"-
Nessuna risposta.
Le figure pallide continuano a fissarlo impassibili.
Due lacrime spinte fuori dal terrore scendono lungo gli zigomi di Stefano.
-"Chi siete? Rispondete!"-
Ancora silenzio. Ora sono entrati tutti. E lo accerchiano in silenzio.
-"Non mi fate paura!"- urla con voce tremante Stefano -"Se è uno scherzo, è uno scherzo del cazzo! Massimo! Carlo! Uscite fuori su!"-
Silenzio.
Ora piano piano si rendeva conto dell'odore che si sentiva. Odore di fiori. Fiori morti. L'odore forte e dolciastro tipico dei cimiteri.
Ora il panico lo aveva preso completamente. Si agitava attaccato alla spalliera, incurante delle terribili fitte ai polsi e del sangue che pian piano macchiava il cuscino.
-"Andate via!"- balbettò tra le lacrime -"Lasciatemi in pace!"-
Le figure, come spinte da un solo pensiero, si sporsero sul letto, allungando candide mani verso Stefano.

Un grido scosse la notte.


Monica soffiò lontano da se una piuma. Li odiava i cuscini imbottiti di piume. Giorgio entrò dalla porta e guardò beffardo quel grottesco spettacolo. L'uomo legato alla spalliera del letto con il buco al centro del petto ancora caldo e fumante avvolto da una miriade di piume che volteggiavano nell'aria. La chiazza rossa che si allargava sulla canottiera e il cuscino abbandonato ai piedi del letto, sventato dalla pallottola. Si girò da Monica che stava rinfilando la pistola fumante nella borsetta. Ora apriva la tasca laterale e ne sfilava le chiavi con le quali aprì le manette, per metterle a loro volta nella borsetta.
-"Tutto fatto?"- chiese impassibile l'uomo dal volto duro e la barba sfatta. Nei suoi occhi una beffarda luce di sfida.
-"Certo amore!"- rispose lei con la faccia soddisfatta -"Allora andiamo via prima che arrivino gli amichetti di questo coglione."-
L'uomo fece passare la ragazza nel corridoio affibiandole una pacca sul sedere. La ragazza lo guardò con un sorriso malizioso e uscì. Prima di uscire, l'uomo si voltò verso il corpo senza vita del ragazzo.
-"Coglione."- disse con disprezzo. Seguì la sua compagna e chiuse la porta.

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