giovedì 19 luglio 2012

Resina - Trascrizione di un sogno

Solitamente accade di notte.
L'aria diventa palpabile e sembra di galleggiare nel liquido amniotico, o per lo meno, è così che lo immagino.
Chiudo gli occhi e respiro, ma non inalo aria, allora mi rilasso e mi lascio cullare.

Riesco a percepire quello che era il mio corpo che si distacca, come se la mio nuova essenza, trasudasse dalla vecchia pelle, creando un nuovo me, gelatinoso e leggero.
Lentamente, fluttuo verso la finestra aperta e mi lascio cadere.

Tre piani di caduta libera e poi, a pochi centimetri dal suolo, plano, mentre l'asfalto mi scorre poco distante dal naso. Alzo gli occhi e osservo la città da un nuovo punto di vista, mentre volo nel silenzio della notte, tra le macchine che dormono nei loro parcheggi ed i padroni che riposano nei loro letti.
Un piccolo sforzo, un po' di concentrazione e riesco a sollevarmi maggiormente, librandomi a due metri dal suolo, con le braccia distese che accarezzano il vento.
Le case sono come le ricordo, eppure hanno qualcosa in più, brillano.
I miei nuovi occhi, vedono di più, vedono meglio, fino a percepire ogni granulo di pulviscolo illuminato dalla luce dei lampioni.

Come le altre volte, prendo la via principale della città, perché è lunga, in discesa e termina sul mare, dove ogni volta, mi tuffo, senza sfiorare l'acqua e continuo a volare per chilometri, sempre più velocemente, fino a vedere la costa. Allora rallento, delicatamente lascio andare la mia essenza sulla sabbia di una spiaggia che non conosco e mi siedo.
Resterò qui, a guardare l'orizzonte, in attesa dell'alba che discioglierà questo fragile corpo, di resina e sogni, facendomi destare nel mio letto, nel mio corpo di sempre, nella mia vita di sempre, ma con quel ricordo nell'anima.

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